Storia della Basilica di San Giovanni a Porta Latina
La storia di questa chiesa è narrata in un rarissimo libro del 1716, di Giovanni Mario Crescimbeni, disponibile oggi presso gli uffici della Basilica, in ristampa nella versione restaurata.
Secondo una notizia raccolta da Tertulliano sulla fine del II secolo dopo Cristo, l’evangelista Giovanni avrebbe subito a Roma il martirio con l’immersione in una caldaia di olio bollente e, uscitone illeso, sarebbe stato relegato a Patmos.
Il luogo del martirio viene localizzato nei pressi della Porta Latina. Questa notizia è riferita dai martirologi, a cominciare dal secolo VII, quando già nella vicina basilica si celebrava la festa in onore del Martire.
La tradizione che la costruzione della basilica risalga al pontificato di Gelasio (492-496) trova conferma nelle tegole del vecchio tetto, di cui una è conservata come leggìo, che portano stampigli dell’epoca di Teodorico (495-526).
Nell’ambone si trova una tegola del vecchio tetto che porta uno stampiglio dell’epoca di Teodorico
La basilica, restaurata nel secolo VIII ad opera di Adriano I, subì un parziale rifacimento sulla fine del secolo XII, e fu riconsacrata da Celestino III nel 1190.
Un ulteriore ammodernamento “baroccheggiante” si ebbe nei secolo XVI-XVII, ma la basilica fu riportata alla primitiva semplicità nel 1940-41, ad opera dei Padri Rosminiani, che ivi si stabilirono e apersero nel 1938 il Collegio Missionario Antonio Rosmini, nell’edificio adiacente alla chiesa.
Il Portico e il Pozzo della Basilica
Un pittoresco e raccolto sagrato, con un cedro centenario e un pozzo, introduce alla chiesa riproduce pressa poco l’aspetto che aveva alla fine del XII secolo dopo i restauri fatti da Celestino III. La chiesa è preceduta da un portico con quattro colonne sulle quali posano cinque arcate; la porta d’ingresso è semplice, senza sguincio, con una cornice a mosaico in porfido rosso e verde. Questo portico ha conservato, nel succedersi delle vicende, il livello primitivo. Del tempo di Adriano I è la margella del pozzo, ornata di una rozza decorazione formata da due serie sovrapposte di racemi che corrono orizzontalmente per tutto il corpo del pozzo.
Sull’orlo, tutto intorno, un’iscrizione latina, certamente di epoca posteriore, che riproduce quasi per intero la formula battesimale:
+ IN NOMINE PAT[RIS] ET FILII ET
SPI [RITUS SANT] I
“In nome del Padre, del Figlio
e dello Spirito Santo”;
e le parole del profeta Isaia:
+ OMN[E]S SITIE [NTES VENITE AD AQUAS]
“O voi tutti che avete sete venite alle acque”;
e contrassegnata dal nome dell’incisore:
+ EGO STEFANUS
“Io Stefano”.
Il Campanile della Basilica
L'interno della Basilica
L’interno è diviso in tre navate da due file di cinque colonne ciascuna di marmo diverso, sulle quali poggiano archi semicircolari. Le due colonne prossime al presbiterio sono di pavonazzetto con profonde scanalature; la terza coppia di cipollino, e le altre di granito grigio e rosso, tutte con capitelli di ordine ionico.
Il vano centrale termina in una abside semicircolare che all’esterno ha la forma di mezzo esagono, su ogni lato del quale si apre una vasta finestra a tutto sesto chiusa da lastre di onice giallo-miele che diffondono nella chiesa una luce dorata. Crocifisso ligneo con Madonna e S. Giovanni di scuola artigiana della Val Gardena.
Avanti e sui lati dell’altare sono conservati avanzi di
un pavimento “cosmatesco”, a disegno geometrico. Il gradino del
presbiterio, ha decorazione a testine e racemi. Inserito poi nella predella
dell’altare spicca in lettere capitali romane l’antico “titolo” della
basilica, ritrovato durante gli ultimi restauri: TIT. S.
IOANNIS ANTE PORIAM LA [TINAM].
La semplicità geometrica dell’ornato, ove al marmo bianco
si alterna porfido rosso e verde, fa pensare ad un’opera anteriore al
dodicesimo secolo